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Le conseguenze del riscaldamento globale
Una sintesi basata sui risultati pubblicati nel quarto rapporto IPCC (AR4) sullo stato del nostro sistema climatico.
Molte delle conseguenze che i cambiamenti climatici avranno sul nostro pianeta sono direttamente o indirettamente connesse al riscaldamento globale. Il riscaldamento è prodotto prevalentemente dai gas serra tra i quali spicca soprattutto l’anidride carbonica. L’interesse degli scienziati non è rivolto esclusivamente alla quantità di anidride carbonica emessa dalle attività antropogeniche ma anche a quanta ne rimane in atmosfera. |
Il feedback sui cambiamenti climatici e il ciclo del carbonio
Le concentrazioni di carbonio immagazzinate dalla terra e dagli oceani sono molto più elevate rispetto a quelle presenti nell’atmosfera. Gli oceani e la terra, infatti, si caratterizzano per un’elevata capacità di scambio di anidride carbonica con l’atmosfera e assorbono una cospicua frazione dell’anidride carbonica aggiuntiva emessa dalle attività antropogeniche. |
Lo scambio netto annuale di CO2 tra la terra e l’atmosfera è pari a circa otto volte le emissioni annue rilasciate dalle attività antropogeniche. Questo dato, tuttavia, ci dimostra che una eventuale alterazione di modeste proporzioni nello scambio “in entrata” e “in uscita” tra la terra, gli oceani e l’atmosfera, può produrre variazioni significative nelle concentrazioni atmosferiche di CO2 e comportare un impatto sul riscaldamento globale.
I modelli climatici vengono sottoposti a continui miglioramenti tecnici e presentano un livello tecnologico sempre più avanzato grazie alle capacità informatiche in costante evoluzione. Fino a pochi anni orsono, ad esempio, i modelli non erano ancora in grado di fornire i feedback tra sistema climatico e ciclo del carbonio.
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1. Il ciclo del carbonio. L’intenso scambio di CO2 tra la terra, l’atmosfera e gli oceani è di gran lunga più rilevante rispetto alle emissioni di origine antropogenica. I valori esatti (riportati nel grafico in gigatonnellate di carbonio GtC) variano da un anno all’altro. © NASA Earth Observatory Osservatorio terrestre NASA->Ciclo del carbonio
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Tutti gli studi condotti negli ultimi anni sono giunti alla conclusione che in un mondo caratterizzato da temperature più elevate, la capacità di assorbimento della CO2 da parte della terra e degli oceani diminuirà rispetto alla situazione attuale. Oggi la terra rappresenta un piccolo pozzo naturale di CO2 ma, a causa dei crescenti fenomeni di siccità e della riduzione della superficie coperta da vegetazione, potrebbe trasformarsi in una vera e propria sorgente. Questo particolare tipo di feedback è stato incluso per la prima volta nel quarto rapporto IPCC ampliando leggermente il margine di incertezza delle previsioni sul riscaldamento per il 2100 ed in particolare per gli scenari che prevedono emissioni elevate. |
2. Nella sezione b) e c) del grafico viene riportato in rosso l’assorbimento di anidride carbonica da parte della terra e degli oceani in una simulazione in cui si ha un incremento esponenziale delle concentrazioni di CO2 (a) e in un quadro climatico costante. La linea verde mostra la dimensione dell’assorbimento in relazione ai cambiamenti climatici, la linea blu indica la differenza dei valori. Queste quantità aggiuntive permarrebbero nell’atmosfera dove darebbero origine ad una intensificazione del fenomeno. Risultati dei modelli, Fonte: Friedlingstein et al., Geophys. Res. Letters, 2001. |
Il ritiro dei ghiacci
L’osservazione delle attuali condizioni delle regioni artiche fornisce la prova più evidente dei cambiamenti climatici in atto. Anche i modelli climatici individuano nella regione artica l’area maggiormente colpita dagli effetti del riscaldamento. I ghiacci degli oceani (ghiaccio marino) si stanno sciogliendo (con una perdita del circa 2,7% ogni dieci anni) distruggendo al contempo l’habitat di alcune specie animali (ad es. gli orsi polari). Sebbene siano state osservate forti oscillazioni nell’estensione dei ghiacci marini dell’Antartide, non è ancora possibile delineare tendenze precise a lungo termine.
Il completo scioglimento della calotta di ghiaccio della Groenlandia è un evento plausibile che provocherebbe un aumento del livello del mare di circa 7 m. Tuttavia, un evento di tali proporzioni potrebbe richiedere tempi estremamente lunghi, dell’ordine di molte centinaia di anni.
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3. L’area contrassegnata dal colore rosso indica le zone in cui è in atto lo scioglimento della calotta di ghiaccio della Groenlandia. I dati sono tratti dalle misure a microonde da satellite. Clicca sull’immagine per visualizzarla a dimensione intera. (75 K) Fonte: Gruppo di Konrad Steffen, Università del Colorado, Boulder
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4. Le aree di permafrost dell’emisfero settentrionale. Mappa © UNEP. Clicca sull’immagine per ingrandirla.
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Contemporaneamente si è osservato il ritiro dei ghiacciai montani. La copertura nevosa media si sta gradualmente riducendo e il ghiaccio presente nel permafrost, ovvero nel suolo perennemente congelato, va sciogliendosi. Dal 1900 l’emisfero settentrionale ha fatto registrare una riduzione del permafrost pari a circa il 7% con conseguenze non solo per le infrastrutture locali (edifici e veicoli che affondano nel fango) ma anche per la vegetazione. Parallelamente cresce anche il rischio di un aumento delle emissioni di metano congelato nel suolo, ed il metano è uno dei più potenti gas serra. |
Il riscaldamento degli oceani e le sue conseguenze
Circa l’80% del calore in eccesso prodotto nel nostro sistema climatico a partire dal 1961 è stato assorbito dagli oceani la cui temperatura media ha fatto registrare un aumento fino a profondità di 3000 metri, determinando due principali conseguenze: 1. l’acqua calda ha una densità minore rispetto all’acqua fredda e occupa un volume maggiore con conseguente espansione degli oceani e innalzamento del livello del mare. 2. la formazione dei cicloni tropicali (uragani, tifoni, …) si verifica solo se la superficie degli oceani raggiunge una determinata temperatura e l’incremento della carica energetica di tali fenomeni estremi è direttamente proporzionale al riscaldamento dell’acqua. Le zone a rischio per questo tipo di fenomeni si estendono lentamente così come l’intenisficazione dei fenomeni.
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5. Il grafico mostra l’innalzamento delle temperature sull’Oceano Atlantico del Nord durante gli ultimi quarant’anni. Il contributo apportato dall’oceano Atlantico al riscaldamento degli oceani è maggiore rispetto a quello fornito complessivamente dall’oceano Pacifico e dall’oceano Indiano. Clicca sul grafico per ingrandirlo.
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6. La città costiera di Biloxi dopo la distruzione ad opera dell’uragano Katrina nel 2005. Fonte: immagini da satellite del servizio metereologico statunitense, NOAA
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Le tendenze dell’attività temporalesca
Dagli anni ’70 ad oggi si è registrato un aumento dell’attività dei cicloni nell’area dell’Atlantico del Nord a cui è corrisposto un rialzo delle temperature della superficie marina. Tale tendenza, tuttavia, mostra un andamento più marcato rispetto alle previsioni stilate dai modelli climatici. Fino ad ora non esistono prove che confermino l’aumento del numero di precipitazioni a carattere temporalesco. Le previsioni per il futuro delineano un quadro caratterizzato da un’intensificazione dei fenomeni temporaleschi e da un aumento dei picchi di vento e delle precipitazioni. È possibile reperire ulteriori materiali sui cicloni tropicali nell’edizione ACCENT speciale "cicloni". |
L’innalzamento del livello del mare
Nel periodo compreso tra il 1961 e il 2003 il livello del mare si è innalzato di circa 1,8 mm all’anno. Questo valore è andato aumentando nel corso degli ultimi dieci anni raggiungendo il valore annuo di 3,1 mm. Tuttavia, non siamo ancora in grado di affermare se questa tendenza rappresenti un andamento costante o un’oscillazione temporanea. |
Le stime attuali indicano che negli ultimi dieci anni di questo secolo (2090-2099) si registrerà un innalzamento del livello del mare di 18 - 59 centimetri rispetto al decennio 1980 - 1990. Tuttavia, il fenomeno dello spostamento dei ghiacciai non è stato ancora studiato con sufficiente attenzione per poterne determinare il suo reale contributo. 125.000 anni fa, quando la temperatura delle regioni polari era molto più elevata rispetto a quella odierna, lo scioglimento dei ghiacci polari provocò un innalzamento del livello del mare dell’ordine di 4-6 metri.
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7. La velocità di scioglimento dei ghiacciai della Groenlandia è più elevata rispetto a quella della formazione di nuova massa prodotta dai fenomeni nevosi. Foto: Michael Feldmann (www.eldey.de)
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L’espansione della superficie marina avverrà in tempi molti lunghi ma, una volta innescato il riscaldamento, giungerà a compimento nel corso del secolo senza alcuna possibilità di essere arrestata. |
L’acidificazione degli oceani
L’aumento dell’anidride carbonica presente in atmosfera e ed il suo assorbimento da parte degli oceani portano alla formazione di acido carbonico rendendo pertanto più acida l’acqua dei mari. Il valore di pH misurato sulla superficie dell’acqua è sceso di circa 0,1 unità dal periodo pre-industriale e potrebbe diminuire di oltre 0,14 – 0,35 unità nel ventunesimo secolo.
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9. La variazione del pH in prossimità della superficie marina imputabile all’assorbimento di biossido di carbonio da parte delle attività antropogeniche dal 1700 agli anni novanta. Dati: Global Ocean Data Analysis Project; grafico: Richard Zeebe (licenza GNU)
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10. Banco di coralli© 2004 Richard Ling (licenza GNU)
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Le conseguenze di tale impatto non sono ancora prevedibili. Il metabolismo e la distribuzione delle alghe, molte delle quali danno origine a fragili conchiglie di carbonato, subiranno probabili alterazioni. Le alghe, il cosiddetto fitoplancton, costituiscono, inoltre, il primo anello della catena alimentare marina e un’alterazione di questa popolazione può provocare mutazioni significative all’interno di questo delicato meccanismo. Le barriere coralline, definite anche le foreste pluviali degli oceani per la loro particolare biodiversità, ne subiranno evidenti ripercussioni. La loro riserva di carbonato di calcio reagisce sensibilmete ad un’acqua più acida. |
Precipitazioni e siccità
L’aria calda è in grado di trattenere una maggiore quantità di acqua rispetto all’aria fredda. Di fatto, negli ultimi anni la concentrazione d’acqua presente nell’aria, è aumentata sopra la terra, sugli oceani ed anche nell’alta troposfera. Tale incremento aumenta il rischio di precipitazioni intense e le conseguenti inondazioni. |
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Variazioni delle precipitazioni (in percentuale) per il periodo 2090–2099, rispetto al periodo 1980–1999. I valori rappresentano le medie ottenute da più modelli sulla base dello scenario SRES A1B per il trimestre dicembre – febbraio (a sinistra) e giugno – agosto (a destra). Il colore bianco indica le aree in cui meno del 66% dei modelli concorda nell’indicare un probabile cambiamento climatico, le linee tratteggiate indicano le aree in cui più del 90% dei modelli concorda nell’indicare un probabile cambiamento climatico. Fonte: IPCC AR4 – SPM
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Le previsioni indicano un aumento estremamente accentuato delle precipitazioni piovose. La distribuzione delle precipitazioni, tuttavia, non presenta un andamento uniforme. Nella regione del Sahel, nell’area del Mediterraneo e nell’Asia meridionale, negli ultimi decenni, si è registrata una maggiore intensificazione dei fenomeni di siccità. Il rischio siccità aumenta a causa della maggiore evaporazione. Nelle regioni orientali delle Americhe, nel Nord Europa e nell’Asia centrosettentrionale si è osservato un aumento delle precipitazioni. Inoltre, non si dispone di dati certi sull’eventuale intensificazione di tali fenomeni in queste stesse regioni. In ogni caso, l’accentuazione del ciclo dell’acqua comporta effetti negativi per l’uomo. Le previsioni desunte dai modelli climatici indicano che le aree interessate dai fenomeni di siccità saranno più numerose e gli eventi meteorologici estremi (comprese precipitazioni intense e inondazioni) diventeranno fenomeni sempre più diffusi. |
Sette affermazioni per descrivere il futuro del nostro clima |
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| | Assisteremo ad un aumento del numero di giorni e notti caldi e ad una riduzione di giorni e notti freddi sulla maggior parte delle terre emerse.
Immagine: periodi di crescita più lunghi | | | Assisteremo ad un aumento del numero di giorni e notti caldi e della frequenza di giorni e notti torridi sulla maggior parte delle terre emerse.
Immagine: balli notturni per le strade brasiliane | | | Intensificazione dei periodi caldi e delle ondate di calore sulla maggior parte delle terre emerse.
Immagine: “Ondata di calore” di Andre Laakmann & Lars Nellesen | | | Aumento della frequenza (o dell’entità delle precipitazioni complessive dovute a piogge intense) sulla maggior parte delle terre emerse.
Immagine: alluvioni nella cittadina di Alicante, Spagna (licenza GNU) | | | Aumento delle aree colpite da fenomeni di siccità.
Immagine: Jordan Wadi Rum (GNU), foto: Stefan Volk | | | Intensificazione dell’attività dei cicloni tropicali.
| | | Aumento dell’incidenza di eventi estremi di innalzamento del livello del mare*.
Immagine: le zone costiere poco profonde a rischio inondazione in India e Bangladesh © FAO |
*Per eventi estremi di innalzamento del livello del mare si intende la percentuale massima dei valori orari di marea per un certo intervallo di tempo. |
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